Cronache di germinale 1263
Vigezia,
Venalia
Germinale
1263
Il giorno della partenza: la Spedizione Palladiana salpa da Vigezia
Sedute sul pontile, donne vestite di scuro rammendano sartie di canapa ruvida, mentre intonano una triste nenia per scandire il ritmo del lavoro. Il mare di questa notte ti mette da tremare, il cielo di questa notte ti chiede di pregare. Appollaiati sugli alberi maestri, i gabbiani del
Golfo di Vigezia guardano pigramente le navi che dondolano con un gentile rollio, senza meravigliarsi di fronte alla più grande flotta mai riunita dal Regno e senza stupirsi se la maggior parte dei legni batte la bandiera di
Altabrina.
Laetitia d'acqua e sale allontana il fortunale. Nelle osterie, vecchi marinai attendono senza parlare, chiusi in un silenzio agitato, rotto solo dalle strofe di una canzone che danza nell'aria acre di salsedine.
Aeterna del mare nero allontana il mal di cuore.
All'improvviso, un suono di trombe e tamburi riecheggia per ogni calle e per ogni vicolo. Il coro delle donne tace. I gabbiani volano via, lasciando solo qualche piuma dietro di loro. I vecchi finiscono in fretta il vino, accalcandosi in strada per non perdersi il momento solenne. Gli alfieri avanzano verso il molo, sventolando gli stendardi delle sette terre. Dietro di loro giunge un grande corteo di nobili e plebei, sapienti e guerrieri. Nella folla si possono scorgere le rozze vesti di pelliccia dei barbari del Nord e le morbide sete care alle dame di
Piazza del Sole, l'acciaio brunito dei severi
guerrieri della Torre e le picche scintillanti dei cavalieri di
Vesta, l'azzurro di
Dimora e il verde del
Regno delle Acque. Nessuno è rimasto indietro. Fin dalle contrade più remote tutti si sono messi in viaggio per essere oggi a Vigezia. Perché oggi è il giorno della partenza.
La folla attende sul molo. Finalmente, sul ponte della nave ammiraglia, compare Sua Altezza Reale,
Morgante dei Castamanti. Al suo fianco c'è il
niviano che chiamano
Guadagno, vestito con i colori di Corona del Re. Il giovane Viceré inizia il suo discorso:
“Genti delle
Terre Spezzate! Il giorno tanto atteso è alfine giunto. Con la prima marea la
Spedizione Palladiana salperà verso le misteriose
terre d'Oltremare! Non so dirvi cosa troveremo in quelle lande sconosciute ma sono certo che con la forza delle nostre braccia, la fermezza del nostro intento e con l'aiuto degli
Dèi sapremo affrontare ogni periglio che dovesse presentarsi d'innanzi a noi.
In molti avete risposto alla chiamata per questa grande impresa e posso leggere nei vostri occhi che ognuno oggi salirà su una di queste navi spinto da un diverso desiderio. Qualcuno di voi sogna la conquista, qualcuno la ricchezza, altri l'onore della battaglia e alcuni forse inseguono solo una nuova vita. Sappiate che Sua Maestà, il Re
Edoardo II dei Castamanti è fiero di ognuno di voi, che con coraggio avete scelto di impugnare la spada per la gloria del suo Regno! Ed è per questo che io vi dico, genti delle Terre Spezzate, che nell'Oltremare ognuno di voi avrà la possibilità di conquistarsi la gloria.
E' mia intenzione creare quattro nuovi
Baroni, così come quattro sono gli Dèi, e questo onore potrà ricadere su chiunque riesca, con l'arme o con l'ingegno, a conquistare una parte del nuovo mondo. Ognuno di questi Baroni sarà il signore delle sue terre, che per sempre apparterranno a lui e ai suoi figli, e avrà il diritto di nominare un Cavaliere che possa amministrarle in suo nome.
Ascoltate la risacca del mare, genti delle Terre Spezzate! E' la voce degli Dèi che chiama la Spedizione Palladiana verso le terre d'Oltremare! Il momento di issare le vele è giunto!
A Deo Victoria!”
La folla si disperde, in un accavallarsi di voci, urla e applausi. I Principi si appartano con le proprie corti, per qualche parola segreta prima di imbarcarsi per un viaggio lungo decadi. Braccianti e marinai caricano le navi di provviste giunte da Altabrina, di armi e di speranza. A poco a poco ognuno si trova immerso nei suoi doveri e una strana calma torna sul molo. I gabbiani si posano nuovamente sugli alti pali delle banchine e le donne riprendono il lavoro ed il canto.
Laetitia d'acqua e sale allontana il fortunale, Aeterna del mare nero allontana il mal di cuore.
Quarto giorno della terza
decade di Germinale
1263
Nuovo Mondo
Il Nuovo Mondo - Terra!
Il viaggio per mare è stato lungo e terribile. Nulla di simile ai brevi spostamenti in nave lungo la costa a cui ben pochi tra i membri delle corti sono abituati. L'immensità del mare aperto e il fetore dei ponti angusti e affollati di passeggeri che dormono e vivono tra barili d'acqua e gomene arrotolate. La forza inattesa delle onde e le interminabili, estenuanti settimane di viaggio trascorrono nell’attesa che il tempo migliori, che il vento cambi o che qualcuno gridi ‘terra’.
Tutto ciò ha già messo a dura prova i coloni partiti per la
Spedizione Palladiana. Finché un giorno il cielo si rasserena e un buon vento favorevole spinge la grande e sfilacciata flotta lungo la rotta tracciata dall'
Ammiraglio Guadagno, furbesco niviano già Capitano di navi
pirata. Altri due giorni e dai corni e dai segnali delle altre navi è chiaro che finalmente la Nave Ammiraglia ha avvistato la cima di una montagna. “TERRA! TERRA!” Su ogni vascello la sera si beve e festeggia. Eccetto che sulle due navi appuntate da Sua Maestà ad avanguardia, che si dividono verso nord e verso sud per giungere per prime in esplorazione del nuovo mondo, scivolando rapide sulle onde verso la misteriosa terra ormai in vista.
All’imbrunire del giorno dopo dai parapetti di ogni nave si scorgono i contorni di un promontorio, la notiza è certa: il mattino seguente si approda.
E’ allora che la tempesta colpisce. In poche ore il cielo velato si riempie di nubi nere, portate da un vento sferzante e traditore. Poco dopo il tramonto la burrasca scoppia violentissima, gettando nel panico le navi della flotta prima che possano raggiungere la terraferma. La notte è un incubo di folli onde e frustate di pioggia battente. Il frastuono soverchia il suono delle preghiere e le urla dei marinai. Nell'inchiostro denso di mare e notte, le punte aguzze di scogli aspettano invisibili i vascelli trascinati dalle onde.
Riecheggiano parole che per molti potrebbero essere le ultime udite in vita...
"Coraggio, dà voce alla ciurma: che si diano daffare, forza, forza! O qui coliamo a picco"
"Per gli Dèi dateci sotto! Voi, qua, imbrigliate la vela maestra! Ventaccio cane!"
Il capitano, dov’è il capitano? Mettete all’opera tutta la ciurma."
"Tirate giù il velaccio di maestra! Forza, ancora più giù! Più giù! Più giù! Portatelo all’altezza della gabbia!"
"Pietà di noi! Andiamo in pezzi! Si schianta tutto! Andiamo in pezzi! In pezzi!"
Uno schianto, poi il lamento sinistro del legno, il gelido abbraccio del mare, le mani che annaspano per aggrapparsi a qualcosa...
Riassunto di quanto accadde
Il mattino seguente al naufragio sulle coste del
Nuovo Mondo molti uomini e donne della
Spedizione Palladiana si risvegliano, chi da solo, chi in sparuti gruppetti, con la gioia di scoprire salva la propria vita ben presto soppiantata dalla terribile consapevolezza che tutto il resto è perduto. La flotta deve essersi schiantata sugli scogli. Il mare ha strappato di dosso ogni cosa e i coloni sono disarmati, stanchi, fradici, affamati e soprattutto pochi, troppo pochi.
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Mirmidoni irrompono nell'improvvisato campo dei naufraghi |
Ben presto i sopravvissuti al naufragio si rendono conto che i boschi che lambiscono le coste pietrose su cui sono stati miracolosamente spinti dal mare sono brulicanti di vita e molto pericolosi:
goblin e
gibboni... e delle creature mai viste prima, alte, con pelle spessa, volto che ricorda una seppia e chele al posto delle mani.
Qualche ramo per difendersi, il coraggioso assaggio di grossi frutti locali per placare la fame e la stanchezza, e il terrore che la Spedizione Palladiana sia finita ancor prima di iniziare, e con essa la propria vita...
Ciononostante i naufraghi tentano di sopravvivere e di riorganizzarsi: la giornata trascorre nella ricerca dei compagni e delle risorse perdute e poi nell'allestimento di un misero campo, sotto la guida ferrea del
Baldo Ivaldo... qualcuno tenta di procurarsi armi sottraendole alle creature ostili, altri ricorrono ad àncore o zappe o quant'altro il mare ha restituito.
E poi l'incontro con alcuni autoctoni che paiono decisamente meno bellicosi, bensì curiosi verso i nuovi arrivati: uno pare un
Niviano dall'aspetto, per quanto la lingua e le usanze risultino invece aliene, un altro sembra essere un mistero persino per gli abitanti del luogo, e viene chiamato
Giriki. Costoro non negano ai sopravvissuti consigli, qualche notizia, persino piccoli doni.. li informano anche di aver messo piede in una landa chiamata
Mirmidia, in quanto dominata dai
Mirmidoni, quelle orrende creature con le chele che tanto filo da torcere stavano dando agli armati.
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Un primo abbozzo di mappa dell'area del naufragio |
Nonostante questi piccoli aiuti inattesi, con la pioggia incessante e la sera che cala, i naufraghi cominciano ben presto a disperare di potersela cavare in simili condizioni. Gli attacchi delle fiere e degli strani Mirmidoni si fanno più incessanti, e questi ultimi paiono anche tentare di rapire i cortigiani imbozzolandoli come in una tela di ragno, per farne cosa non si sa.
Quando i superstiti sono allo stremo, un rumore nella boscaglia ed emerge dagli alberi -indovina chi?- proprio
Capitan Guadagno, che a quanto pare è approdato sano e salvo (lui) ed è in giro insieme a diverse pattuglie per racimolare gli sbandati. Prende la guida del drappello e lo conduce attraverso i boschi verso l'accampamento lungo la spiaggia in cui ha guidato le navi della flotta che sono riuscite a scampare alla tempesta, non senza dover affrontare ancora numerosi agguati da parte delle creature di quelle lande.
A quanto pare, i vascelli salpati da
Vigezia sono stati almeno dimezzati e d'ora innanzi la spedizione dovrà spostarsi principalmente via terra. Sperabilmente nella notte altri naufraghi affluiranno insieme alle altre squadre di soccorso e, finalmente tutti insieme, si confronteranno le esperienze e si pianificherà il futuro della Spedizione Palladiana. Ma ancora molti, putroppo, sono dispersi, tra cui niente di meno che la Basilissa
Desdemona Alcestidi.
Ritratti e disegni - 1 - 2
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